I resti dell'aereo (courtesy of telegraph.co.uk) |
Il comandante del
volo, Marc Dubois, ha quasi 11000 ore di volo all’attivo,
mentre il jet, considerato uno dei più sicuri al mondo, è stato revisionato l’ultima volta nell’Aprile 2009: troppo tempo prima, considerata la tratta e considerato che, dall’Aprile del 2005 – data in cui l’aeromobile è divenuto operativo – al momento dell’incidente, ha totalizzato ben 18.870 ore di volo. Occorre anche rilevare che il 17 Agosto del 2006 quello stesso Airbus era stato coinvolto in una collisione a terra al Charles de Gaulle, riportando lievi danni.
mentre il jet, considerato uno dei più sicuri al mondo, è stato revisionato l’ultima volta nell’Aprile 2009: troppo tempo prima, considerata la tratta e considerato che, dall’Aprile del 2005 – data in cui l’aeromobile è divenuto operativo – al momento dell’incidente, ha totalizzato ben 18.870 ore di volo. Occorre anche rilevare che il 17 Agosto del 2006 quello stesso Airbus era stato coinvolto in una collisione a terra al Charles de Gaulle, riportando lievi danni.
Molti hanno gridato
all’attentato, viste le personalità rilevanti a bordo, tra cui ricordiamo il
Principe Pedro Luís d'Orléans-Braganza, in corsa per la successione al trono
del Brasile e Pablo Dreyfus, attivista per il controllo delle armi illegali ed
il commercio di droga. Sono spuntati anche, tra i passeggeri, due nomi legati
al terrorismo islamico. Successivamente, però, questa pista è stata abbandonata
dalle autorità le quali hanno dichiarato che si è trattato di un caso di
omonimia, confortati anche dal fatto che, dall’analisi dei resti rinvenuti, non
è risultata traccia di esplosione.
Infatti, stando alle
informazioni reperite dalle scatole nere (ripescate lo scorso Maggio, quasi due
anni dopo l’incidente), l’aereo al momento dell’impatto con l’acqua è apparso perfettamente integro, si è esclusa, quindi,
la possibilità di un’esplosione in quota.
Come su molte
tragedie della storia (vedi Ustica), non sapremo mai la verità. La sensazione è
che le autorità mantengano il più segreto riserbo sulla questione.
Ma su quella rotta
c’è qualcosa che evidentemente non funziona: dopo la tragedia, hanno continuato
a verificarsi episodi “strani”.
Sei mesi dopo, altri
piloti dello stesso volo hanno effettuato una chiamata “mayday” per improvvisa
turbolenza, più o meno nella stessa zona, arrivando, però, tranquillamente a
Parigi. Il 10 Luglio 2010 un altro aereo (stessa tratta) è costretto ad
atterrare a Recife per un allarme bomba. Tre giorni dopo, il volo Air France
AF443, proveniente sempre da Rio e diretto sempre a Parigi, dopo alcune ore di
volo è costretto a tornare indietro, causa toilettes non funzionanti. Da
precisare che al momento del decollo 6 toilettes su 13 non funzionavano, altre
4 hanno cessato di funzionare dopo il decollo.
Un volo maledetto.
Non è retorica, è realtà. E fa male. Fa male perché tragedie, condizioni meteo
avverse e persino gli attentati, sono da imputare al destino. Ma i bagni rotti,
no. Non si tratta di una compagnia low-cost, ma della compagnia di bandiera
francese, i cui costi dei biglietti sono tutt’altro che accessibili.
Le cause della
tragedia del volo 447 sono molteplici: l’aereo decolla alle 22.03 da Rio e
tutto sembra in ordine. Il capitano, tre ore dopo, si scambia con il co-pilota
e va a riposarsi; in cabina rimangono i due co-piloti. All’altezza delle coste
del Senegal, l’Airbus incontra una turbolenza: il co-pilota informa
l’equipaggio (“tra due minuti dovremmo entrare in un’area dove balleremo più di
adesso, fate attenzione” e aggiunge “vi chiamo appena ne siamo fuori”), vengono
registrati una serie di dati contrastanti tra loro, forse dovuti al
congelamento dei tubi di Pitot (particolari sensori esterni che informano i
piloti su altitudine, velocità, ecc.) che seminano il panico tra i co-piloti,
tra l’altro – si scoprirà dopo – non addestrati a pilotare l’aereo in modalità
manuale. Si rilevano vari guasti elettrici e una perdita della pressione in
cabina. Il pilota automatico si disinserisce e l’aereo va in stallo
aerodinamico, iniziando a perdere quota; il comandante viene svegliato dai due
co-piloti.
“Non ho il controllo
dell’aereo, non ho per niente il controllo dell’aereo”, trema uno di loro.
La successione di
guasti continua e i piloti si trovano a non avere parametri corretti su cui
operare: alle 2,14 si registra l’ultimo dei 24 messaggi ACARS lanciati in soli
5 minuti. L’ultima rilevazione che riescono a fare è la velocità (quasi 200
km/h) e l’altezza dal suolo (poco più di 2000 metri). In pratica, sono quasi a
pelo d’acqua. “Sali”, ordina il comandante.
Poi, le ultime
parole: “ci schianteremo, non può essere vero!”.
Jean Pierre Otelli
(esperto aeronautico), nel suo libro "Crash Rio Paris, Collection erreurs
de pilotage", imputa ai piloti la colpa di non aver rilevato, nonostante
oltre 60 segnali di avviso, la situazione di stallo del jet. Denuncia un
atteggiamento a metà tra la paura e l’incompetenza nel governare l’enorme
flusso di dati (perlopiù contrastanti) che in pochi minuti sono giunti sui
display dei 3 piloti e che, nonostante l’esperienza di ognuno, non sono riusciti
ad analizzare correttamente per evitare la tragedia.
Il dramma del volo AF 447 Rio-Parigi: le nuove verità.